La tentazione retributiva
In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando così, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: «Si è più beati nel dare che nel ricevere!».
Atti 20, 35
Un cristiano che abbia ricevuto un minimo di formazione al servizio, con alle spalle un cammino di fede abbastanza costante e una confidenza sufficiente con la Parola di Dio, ha scolpita questa frase dentro sé. È la frase alla base di ogni scelta oblativa, di ogni cura, di ogni prossimità; la frase che è nel servizio educativo, nella responsabilità catechetica, nell’offerta liturgica; la frase che caratterizza il dono del proprio tempo, dei propri talenti, del proprio entusiasmo.
La frase dopo la quale, insomma, nessuno starebbe lì a pensare: bene, e adesso chi pensa a me? Parliamoci chiaro: Gesù ha sgridato Giacomo e Giovanni che avevano proprio questo atteggiamento (cfr. Mt 20, 20-28).
A dirvela tutta, però, oggi mi sento un po’ come loro.
Sia ben chiaro: nulla di così grave, patetico, patologico o esagerato. È un blog e come tale c’è dietro un esercizio di stile che non è falsità (bene fugare anche questo dubbio), ma è una narrazione che si tinge di sfogo. Un naturalissimo sfogo.
C’è un momento in cui ci si ferma un secondo e si pensa a sé; chiamatelo egoismo, chiamatelo egocentrismo o egotismo. Io lo chiamo semplicemente cura di sé, senza la deriva pelagiana, ovviamente.
Nel rallentare la propria esistenza, nel riflettere sul dove si è, nel ragione sul come si è, nel rimpiangere il con chi si è, ci si trova anche a riflettere sul dove si è stati, sul come si è stati, sul con chi si è stati. Non c’è pentimento alcuno, ovvio. Ogni scelta, azione, relazione ha avuto il suo perché nel tempo e nella motivazione. La riflessione semmai smuove altri sentimenti.
Chi pensa a me, domandavo qualche paragrafo fa? Quando si ristabilisce l’armonia cosmica data dall’aver “fatto” molto (credo, penso, vedo)? Sto karmo, senza dubbio, però da umano, molto umano,
Non faccio la vittima, ci mancherebbe, né tanto meno posso dire di non avere una vita per la quale bisogna ringraziare il Signore continuamente.
Eppure, talvolta c’è questa tentazione retributiva per cui ti fermi, ti guardi intorno (e ultimamente sembra di stare su Scherzi a parte) e dici, assieme a Brignano:
Ecco, questo è uno dei momenti in cui vorresti ricordare che hai dato molto e vorresti ricevere altrettanto. Hai supportato e talvolta sei poco supportato; hai voluto bene e talvolta sei voluto bene in maniera strana; hai dato molto per gli altri, ma vorresti che qualcuno in amicizia ti sappia sorprendere; hai faticato un giorno intero e vorresti sentirti magari accolto, anziché rimesso in tensione; hai fatto più del dovuto e di conseguenza criticato, etc. etc..
Sia ben chiaro: è una tentazione. E questo è uno sfogo. Sicuramente domani mi passa e, nella gioia del donare, neppure ci penso più. Ma stasera un po’ mi rode. Perdonatemi.
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