Questa stupida, meravigliosa, voglia di narrare
“Il silenzio non esiste. Più tu stai zitto, più aumentano le voci del mondo, il vento, la pioggia,
gli animali. Tutto è narrazione. Solo che non sempre ci si accorge di questo racconto”
Giovanni Lindo Ferretti cantautore e scrittore italiano 1953
Tornare a scrivere dopo due anni e mezzo mette un po’ di inquietudine e imbarazzo. Forse questo tempo passato è stato un tempo in cui molto è cambiato e tutto ciò ha più i caratteri della benedizione che dell’incertezza, nonostante la fatica degli ultimi mesi.
Cambiare luoghi di vita, cambiare volti che quotidianamente incontri, cambiare profumi e sensazioni di pelle, cambiare spazi di cui disponi: sì, è il cambiamento ad essere stato uno degli elementi cardini di questi mesi passati. Ad esso si accompagna anche la grande volontà di volermi adattare, in un senso alto e responsabile, sia ben chiaro. Adattarsi alle nuove scelte di vita che più o meno piacevolmente ti sono arrivate addosso, alle responsabilità professionali sempre più crescenti, a nuove forme nello stare insieme.
Cambiare, adattarsi. Anche stupirsi.
Del bello che la natura di questi monti prenestini sa regalare, dai panorami alle rovine archeologiche, dalle sagre ai paesini; stupirsi di come e nonostante tutto si stia bene da soli, di come si gestiscono panni, spesa e sfizi personali. Stupirsi in negativo di come i soldi non bastano mai e non perché si è dispendiosi, anzi, ma per la somma di spese fisse.
Cambiare, adattarsi, stupirsi. Affezionarsi.
La continuità didattica che finalmente mi ha visto protagonista, mi ha permesso di veder crescere, maturare e diplomare tanti ragazzi con i quali si è stabilito un rapporto educativo prezioso e, all’interno di esso, talvolta un rapporto anche affettivo e amicale. Ho ancora le parole di alcuni studenti gridate nel mio orecchio durante la scorsa Sagra delle castagne a Cave, parole che suonavano come un ringraziamento e una stima, che ti consideravano come un punto di riferimento.
Affezionarsi a ciò che si è manifestato tra le mie mani, nei miei spazi. A chi ha condiviso la comodità di un divano, la compagnia di un pasto, la dolcezza di tanti sguardi, l’ironia delle battute, la complicità nell’intimità, la pianificazione di un viaggio, l’incomprensione e l’incapacità di guardare avanti.
Cambiare, adattarsi, stupirsi, affezionarsi. Perdonare.
Come un cammino faticoso, in pendenza, lento ma costante, così è stato il mio rapporto col perdonar-si e col perdonare. Perdonare non significa solo accettare passivamente degli errori, magari fatti anche in buona fede. Credo significhi accettare pro-attivamente, nella piena serenità, come il tempo passi in noi, come esso purifichi noi stessi, i nostri pensieri, le nostre azioni, come noi stessi ci rendiamo conto che nelle grandi trasformazioni che percepiamo intorno a noi, forse dobbiamo essere parte attiva anche solo accompagnando ciò che è giusto che si compia verso il suo intrinseco fine. Anche perché il perdono richiama con sé la giustizia. Ed entrambe sono piene solo se si è nella verità, quella verità che forse è contraddizione nel presente e utopia nel futuro, ma è l’unica strada da percorrere.
Cambiare, adattarsi, stupirsi, affezionarsi, perdonare. Sorridere.
Quando anche nulla gira, quando anche i sospiri sono più forti dei respiri, quando anche ci si ferma a contemplare il nulla perché discussioni e tensioni lì ti portano, bisogna sorridere. Ricordarsi dei passi fatti, di chi si è, di chi si ha avuto la fortuna di incontrare e accompagnare nella vita, di quanto ancora la vita può potenzialmente offrire, di quanto l’età che si ha è un contatore numerico che attende solo il riscatto degli eventi più belli a cui siamo destinati, del fatto che si è sfigati solo agli occhi di chi sa giudicare, ma non certo amare.
Il sorriso rappresenta al tempo stesso la sfida, l’enigma e il successo più grande di una vita.
Cambiare, adattarsi, stupirsi, affezionarsi, perdonare, sorridere. Amare.
Ogni cosa deve trovare lì il suo compimento. In quell’amore che – laicamente, religiosamente – è lo sviluppo pieno di una vita.
In un amore che sorride, che perdona, che si affeziona sinceramente, che non smette di stupire, che si adatta nonostante tanti piccoli, grandi, problemi, che trova il coraggio di cambiare perché ad essere sempre uguali non si è mai veramente se stessi.
Cambiare, adattarsi, stupirsi, affezionarsi, perdonare, sorridere, amare. Quindi narrare.
Chi commenta