E ti persi
Forse non dovrei pubblicare questa poesia, anzi: sicuramente.
Però lo faccio uguale, stupidamente fedele al fatto che ogni cosa che appartiene ai ricordi, ha diritto di cronaca, e che questa sia perciò inviolabile, perché è cronaca di me stesso, nel bene o nel male.
Eccola, quindi, nuda e cruda così come oggi è uscita dal mio cuore e dalla mia mente:
E ti persi,
come persi me stesso,
in questo buio di nostalgia
che è così prossimo.
Non bastò il sale né la luce,
né le mie mani o le mie labbra;
ma tu, lontana,
volgendomi le spalle,
“È giusto così”,
continui a ripetere,
e forte e fastidiosa
risuona questa voce,
in quel profondo vuoto
che ho scavato in me.
Così si disgregano
le nostre vite,
nell’imbarazzo di uno sguardo,
mentre chiedono,
incautamente,
l’unione e il fine.
In me trovai la rosa,
che oggi non cogliesti;
la stessa che rende
prezioso il ricordo,
che in me alberga e
ancora permane.
Potei prenderla, finché
questa non appassì,
finché non toccò terra
l’ultimo, ingenuo, petalo.
E ti persi senza capire,
ti amai senza sapere,
ti ferì senza volere,
eppur ti aspetto,
senza tempo.
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