Il riposo del maresciallo
“Un giorno c’è la vita.
… Poi, d’improvviso, capita la morte.”
Paul Auster
Lo tenevo tra le braccia mentre sentivo il suo corpo raffreddarsi, mentre i suoi battiti risuonavano sempre meno e mentre il suo respiro era incapace di rompere il male che lo soffocava. Lo tenevo tra le braccia quando ha esalato l’ultimo rantolo, l’ultimo respiro e in mente mi sono venute le parole bibliche emisit spiritum.
Ecco cos’è la morte che spesso siamo incapaci di vedere, di sentire come parte della nostra vita. Ecco cos’è la morte che è grazia per chi ha la fortuna – io la penso così – di averla percepita.
Nonno Alfredo è morto stamane per insufficienza respiratoria, così come recita il pallido e manoscritto certificato di morte. Novantadue anni vissuti tra entrambe le guerre – la seconda di queste vissuta da protagonista sul fronte slavo -, nella vicinanza della sua cara moglie, Almina, tra due figlie e due adorati nipoti.
Non so cosa provare, non so quasi neppure cosa dire: avverto però la difficoltà umana nell’affrontare questo distacco ogni volta che lo vedo in questa sua rigida posa, così come ho cercato di posizionarlo appena le grida isteriche e piene di affettuoso pianto di mia madre e di sua sorella hanno affrontato la necessarietà del divenire nella vita.
Ricordi? Molti, anche se un po’ indefiniti. Dalla sua fretta e mancanza di pazienza quando, da adolescente, mi chiudevo minuti e minuti (ore non me le dava), tra spartiti musicali; oppure quando gridava il mio nome passeggiando per le vie del paese alla mia continua ricerca; oppure quando cercava la mia presenza e io spesso sfuggivo per mettermi al pc; o quando, in questi ultimi giorni, cercava la mia mano ed io gliela davo, lasciandomela stringere o quando al buio, sofferente per una febbre mai vista così alta, lasciava venir incontro la sua mano al mio viso e mi accarezzava.
Sono sue le spalle dritte con cui cammino, perché è da lui che in questo sono sempre stato educato e ho sempre visto con orgoglio il suo portamento, da finanziere – arma che lo ha visto per più di quaranta anni al servizio; sua l’altezza tramandata da mamma; suo l’idea che i valori siano superiori a qualsiasi appartenenza ideologica o politica.
Lascio così questo post, non riesco a concluderlo. In genere c’è la parte delle belle intenzioni che però, umanamente parlando, non mi vengono. Nulla a che vedere con la mia fede e con l’idea che questo star male corrisponda solo alla morte corporale. Di questo ne ho speranza e quindi certezza.
Anzi: a partire da me ma anche voi lettori di questo blog una preghiera a lui rivolgetela, perché possa intercedere presso il Padre.
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