Libreria domenicale
Il pomeriggio già partiva male: tra l’incolpevole incapacità delle persone di stare al momento giusto nel posto giusto, l’inesistenza ormai palpabile di coinvolgimenti amicali, tra limiti di tempo e delusioni di spiagge mancate e nonostante le inkazzature dovute al clima isterico-familiare decido di uscire solo, fanculo al mondo e di fare quello shopping tanto di moda e che aiuta a buttare giù un po’ di stress. Obiettivo dello shopping: libri. Ovvero qualcosa che mi possa far divagare dai tanti casini settimanali, che mi consenta quindi l’esercizio della scelta, del giudizio e della fantasia nel ripercorrere possibili storie solo vedendo le ormai bellissime copertine dei diversi libri.
Avendo già una piccola lista e lasciandomi guidare dal senso e dal gusto acquisto quanto segue:
- J.J. Rousseau, Emilio – Acquisto ovviamente per fini scolastici, poiché un buon insegnante di pedagogia (ma anche di filosofia) non può non averlo letto!
- M. Montessori, La scoperta del bambino – cfr. sopra;
- H. Harendt, La banalità del male – Un libro che puntavo da tempo e che finalmente ho scelto di acquistarlo. Racconta di come il male non sia così avulso dalla semplicità umana, non più dunque operante tramite poche e dannate persone;
- M. Ferraris, Sans Papier – Scritto da un filosofo italiano vivente, tratta del paradigma secondo il quale a minor disponibilità di carta corrisponde una maggiore diffusione della scrittura. Tema questo che si intreccia con questioni politico-sociali come la cittadinanza, il diritto e la legalità: tratta di ontologia sociale;
- Wu Ming, Manituana – Ormai appassionato dello stile di scrittura di questo autore collettivo (vedi ad esempio le grandi opere dal nome Q e 54) decido di comprare anche questo testo. Non me ne pentirò, me lo sento;
- M. Agus, Mal di pietre – Libro per mamma. Non so come sia, forse è pure bello… mah!
Insomma, dopo l’immenso percorso che mi faccio …il tutto a piedi, tranne ovviamente l’utilizzo della metro… , torno a casa non senza prima alzare lo sguardo con una genuina malinconia verso quelli là, scomodamente seduti su sedie di alluminio e non per questo tristi, anzi, pieni di riso e sorriso atti a gustarsi un aperitivo e a scambiarsi chiacchiere e pareri, sguardi ammiccanti e appuntamenti serali.
Che buffa è la vita, vero?
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